L’io: il nodo gordiano della ricerca spirituale
«Per tutta la vita ho desiderato essere qualcuno. Ma ora che sono finalmente qualcuno non sono più io». W. W. Dyer
Qualunque sia la Via che si segue o le tecniche praticate, c’è un elemento che accomuna tutte: l’io.
Il presupposto per qualunque attività, compresa la ricerca spirituale, è che ci sia un soggetto, l’io, che pensa, fa, pratica, ha, conosce, possiede, agisce, ecc. Lo schema di pensiero: soggetto qua dentro – oggetto là fuori, rappresenta il modo comune di rappresentarci la percezione di qualsiasi cosa. Si tratti della percezione di un tramonto, di un esperimento scientifico, di un’opera d’arte, di noi stessi, lo schema rimane costante.
Pertanto anche il soggetto “ricercatore spirituale” usa lo stesso schema e quindi cerca il suo oggetto, l’illuminazione o altri obiettivi intermedi, in qualche luogo, oppure in uno stato interiore e in un tempo, non ben identificati.
La situazione in cui si trova normalmente il ricercatore di sé assomiglia a questa storia persiana sul maestro Nasrudin, che è solito fornire insegnamenti paradossali.
Nasrudin sta frugando nel terreno davanti a casa, in cerca di qualcosa che sembra molto importante. Un suo allievo che sta passando di lì, vedendolo inginocchiato nella polvere gli domanda: <<Nasrudin, hai perso qualcosa?>>.
Il maestro risponde: << Si, ho perso la chiave di casa>>.
L’allievo perciò chiede: <<L’hai persa qui fuori?>>.
<<No – risponde serio il maestro – l’ho persa là dentro>>.
L’allievo rimane perplesso e confuso dalla risposta. Perciò gli domanda: <<Ma, Nasrudin, allora perché stai cercando la tua chiave qui nella polvere invece di cercarla dove l’hai persa, là dentro casa?>>.
Sempre serio, il maestro risponde: <<Perché là dentro è buio, mentre qui fuori c’è la luce>>.
L’insegnamento di Nasrudin riguarda tutti noi.
Ciò che avviene comunemente nella conoscenza, è un processo di distinzione, di separazione tra il soggetto conoscente e l’oggetto conosciuto, processo nel quale il soggetto stesso non è affatto esaminato. Si dà per scontato che esista senza tuttavia indagare chi e come sia.
La percezione duale soggetto–oggetto o “dualità primaria” non è un problema connesso unicamente con la ricerca spirituale, anche se è stata la prima a occuparsene. La dualità primaria è un problema connesso con tutta la conoscenza umana, compresa la scienza.
Il fisico Erwin Schroedinger per esempio afferma:
<<Noi nell’oggettivare il mondo ne allontaniamo senza accorgerci il soggetto conoscente e…siamo poco disposti a renderci conto di questa circostanza.>>
Analizzando il processo di conoscenza di sé s’individuano due presupposti nascosti.
* Il primo è la convinzione che ci sia un io, un soggetto che faccia qualche cosa. Esso è dato per scontato come esistente nonostante s’ignori chi sia, come sia o dove abiti. Si è tuttavia convinti che si trovi da qualche parte all’interno del corpo. Il suo indirizzo preciso però, manca; forse abita nella testa, oppure nel cuore, o nel plesso solare, o…
* Il secondo è la convinzione che l’oggetto desiderato, sia esso la calma, il silenzio o il risveglio, siano stati che non si trovano nello stesso luogo dell’io, bensì da qualche altra parte, quindi in un luogo o stato diverso da quello in cui il ricercatore si trova nel momento.
Insieme con la convinzione riguardante lo spazio, il luogo – stato che si vuol raggiungere, ne appare sottesa un’altra riferita al tempo: la credenza che la calma, il silenzio o la realizzazione di sé esistano in un tempo diverso dall’adesso, cioè nel futuro. Pertanto, questo comporta l’azione del cercarli con qualche mezzo (la pratica specifica) che permetterà di trovare l’oggetto desiderato in un tempo futuro sebbene imprecisato.
Nella tradizione spirituale la risoluzione della dualità primaria soggetto percepente–oggetto percepito è considerata come il punto di svolta della ricerca di sé. Pertanto, è indispensabile indagare chi sia questo soggetto, questo io che è alla ricerca dell’illuminazione, vuole raggiungerla, realizzarla.
Quest’indagine può essere svolta facilmente entrando in uno stato di auto osservazione. E’ necessario solamente assumere una posizione comoda e chiudere gli occhi, osservando con attenzione che cosa avviene nella percezione interna.
Davanti all’occhio interiore si apre un campo, una specie di schermo vuoto atemporale e aspaziale (privo di tempo e dimensione) sul quale compaiono di volta in volta oggetti diversi: pensieri, immagini, sensazioni, emozioni cosi come suoni, sapori, odori. Lo schermo-campo rimane fisso ma ciò che vi si riflette è continuamente mutevole.
Di fronte sembra esserci un soggetto, l’io, situato per il momento nella testa, da qualche parte dietro gli occhi e tra le orecchie, che osserva lo spettacolo e lo ascolta chissà, attraverso una cuffia virtuale. Il nostro “mister io” si trova nella sua sala cinematografica privata.
Tra lui e il film proiettato sullo schermo-campo, sembra esserci l’attenzione grazie alla quale vive l’oggetto che di volta in volta vi compare. In altre parole, l’attenzione dà vita alle cose percepite. Infatti, se si distoglie l’attenzione da qualcosa, questa smette di esistere, ritornando nel vuoto da cui è apparsa.
Facciamo un esempio: in questo momento la tua attenzione dà “vita” alle parole che stai leggendo. Distogli l’attenzione e ponila invece, per qualche secondo, su un oggetto presente nell’ambiente in cui ti trovi.
Ebbene, ora che sei ritornato a interessarti a queste parole, ti sarai reso conto che le parole precedenti non c’erano più, erano “morte” per te; l’oggetto cui avevi dato attenzione stava invece “vivendo”, quando solo un attimo prima era inesistente. In questo processo l’attenzione sembra essere la “colla” che unisce il soggetto all’oggetto.
Continuiamo la ricerca riportando l’attenzione sul soggetto che cerca l’illuminazione.
Ora l’indagine si fa più interessante ma anche più intrigante. L’attenzione cambia direzione dallo schermo verso “mister io”.
Dopo un po’ di tempo ci si rende conto che all’attenzione continuano a comparire sempre e solo oggetti, ma non “lui”.
<<Appare un pensiero… “sole”. Sarà lui?>>
<<Eh, no, questo non può essere il “mister” perché c’è qualcuno che lo percepisce; no, proprio non è lui>>.
<<Ecco, ora c’è una sensazione di calore!>>.
<<Macché, non può essere neanche questa il ricercato>>.
<<Un colore, ecco c’è il colore viola!>>.
<<Sbagliato, non è lui il ricercato perché c’è qualcuno che lo vede>>.
<<Forse è il suono che si sente nel silenzio>>.
<<Purtroppo, non è neanche questo, perché c’è qualcuno che l’ascolta>>.
Ebbene, come ti sarai reso conto dalla tua esperienza diretta, per quanto si possa cercare il soggetto, il nostro “mister io” non si trova da nessuna parte.
Se pensavi che fosse il corpo, avrai anche capito che non può esserlo, poiché “tu” lo puoi vedere, toccare. Se fosse la mente, cioè i pensieri, “tu” li puoi percepire; questo vale anche per le emozioni, sensazioni e qualsiasi altra cosa percepibile.
Tu, colui che vede, sente, ascolta, non puoi essere ciò che vedi, senti, ascolti.
La conclusione cui si arriva è:
IL SOGGETTO NON ESISTE COME “ENTITA” PERCEPIBILE
In sostanza, qualsiasi cosa si possa percepire sarà sempre un oggetto, una cosa, non il soggetto che percepisce. Egli, nella percezione, non appare mai. Sarà andato in vacanza lasciando al suo posto un fantasma!
La ricerca del soggetto assomiglia molto a questa storia zen:
Un monaco dall’aria felice corre cercando il maestro. Finalmente, lo trova e con un filo di voce gli dice: <<Maestro, sono riuscito a sperimentare il nulla!>>
Il maestro, rude e senza peli sulla lingua, risponde: <<Torna a meditare, stupido, hai mancato il punto: se è un’esperienza come può essere il nulla!>>.
Chiunque, come te lettore, intraprenda l’indagine per cercare l’io, arriva allo stesso risultato: non esiste alcun’entità separata o io, alcun soggetto individuale. Infatti, come saggiamente istruiva Ramana Maharshi:
Cercalo, e l’ego scompare.
Questo è a dir poco sorprendente! Andando alla ricerca di sé si pensava di trovare qualcosa, di diventare “migliori”, più più o meno meno.. e invece, si arriva addirittura a perdersi. Niente più soggetto!
Che cosa è accaduto? Si è partiti dall’idea che esista una situazione consolidata consistente in un soggetto che percepisce da una parte e gli oggetti che sono percepiti dall’altra, e si è arrivati a perdere una delle parti interessate. La più importante, oltretutto! Tutto questo può essere sconcertante!
In realtà non si è perso nulla, semplicemente perché non c’è mai stato alcun soggetto individuale. L’io è una struttura utile al funzionamento nel mondo, uno pseudo-soggetto. Un inquillino che si crede il padrone di casa. Esso non è un’entità separata dagli oggetti percepiti ma, ogni volta che appare qualcosa nella percezione l’io se ne aggiudica la paternità.
In realtà c’è solo percezione! Una percezione di totalità senza soggetto e oggetti separati: Essere, Presenza autoconsapevole.
Risolvendo questo nodo gordiano, risolvi il mistero del tuo Essere.
Illuminate. Grazie